La richiesta di autonomia dell’adolescente

Cara “Voce”, il rapporto con i figli adolescenti è spesso difficile, conflittuale. Come dobbiamo porci di fronte a ribellioni così frequenti? È difficile accettare che quel piccolo che faceva di tutto per compiacerti, oggi si lamenti per il pranzo che gli hai preparato, si metta a urlare perché vuole tornare a mezzanotte. È talmente difficile che si fatica a pensare che tutto ciò sia normale. Eppure normale lo è: nell’adolescente le trasformazioni del corpo, lo sviluppo dell’intelligenza, la consapevolezza delle emozioni, lo rendono simile a un adulto. E un adulto, quando lo si costringe a fare o a essere come vogliamo noi, come minimo ne vuole parlare. L’adolescente si sente adulto e quindi anche lui ne vuole parlare. O meglio, vuole decidere autonomamente. Cosa ingombra la strada della relazione tra genitori e figli adolescenti? Nei primi, la fatica di accettare che quell’esserino che si teneva sul palmo di una mano, oggi ti tenga testa; nei secondi, la fatica di accettare che lo sviluppo verso l’essere adulti non è ancora completato e che quindi c’è ancora bisogno di mamma e papà. A volte tutto questo si trasforma in conflitto. E a nessuno piace vivere i conflitti. Ma come genitori ed educatori dobbiamo comunque chiederci cosa ne facciamo di questi conflitti che possono capitare anche quasi tutti i giorni. Ci sono modi diversi per affrontarli. C’è chi lavora per evitarli, chi soccombe alle richieste del figlio, chi vuole vincere, affermando il “potere” di genitore. In ognuna di queste modalità manca la consapevolezza che il conflitto, in adolescenza, è un’occasione educativa privilegiata, un modo per accompagnare la crescita dei figli. Quando ci troviamo a vivere un conflitto con il figlio, spesso dimentichiamo che abbiamo di fronte una persona che si sente adulta. Come affrontiamo i conflitti con altri adulti (il coniuge, gli amici)? Di solito spieghiamo “animatamente” il nostro punto di vista, cerchiamo di portare l’altro sulle nostre posizioni. Ma poi proviamo ad ascoltare l’altro e a metterci dal suo punto di vista. Il conflitto si conclude bene quando arriviamo a un compromesso “onorevole” per entrambi. Immaginiamo questo, applicato alla relazione con il nostro adolescente, quale straordinaria occasione educativa e di vero accompagnamento alla crescita. Ma l’affrontare il conflitto non è solo questione di metodo, anzi è primariamente una questione di contenuto. “Scontrarci” con l’altro per sostenere le nostre idee rimanda a una riflessione su tali idee. Il conflitto diventa educativo se ci costringe come genitori a decidere le cose importanti che per noi non sono discutibili, perché troppo centrali nella vita, troppo cruciali per essere bruciate, troppo amate per non essere trasmesse. Il conflitto diventa educativo quando domanda alla coppia genitoriale, che i due si siano davvero confrontati sulle cose importanti per la loro vita che vogliono giocarsi con i figli e sulle quali abbiano costruito il loro progetto educativo. Il conflitto diventa educativo quando c’è la consapevolezza che, attraverso di esso, si veicolano dei contenuti, cioè dei valori. Ed è proprio la “forza” con cui sono comunicati ai figli, che testimonia il “valore” dei valori. Qualche volta lo faremo urlando, qualche volta piangendo, qualche volta discutendo pacatamente, qualche volta passando notti insonni. Tutto ciò è secondario. Ciò che vale è che stiamo vivendo il faticoso, ma meraviglioso, gioco dell’educare. Ma il conflitto non è solo una questione tra me e mio figlio perchè, specie in adolescenza, esso riguarda questioni relative alla relazione tra il figlio e l’ambiente sociale, come per esempio le amicizie o l’impegno scolastico. Allora il conflitto diventa un’occasione educativa, se ci spinge a uscire di casa, a parlarne con gli altri adulti, a confrontarci sui loro metodi e sui loro valori. Se siamo fortunati, anche a trovare qualche soluzione o linea comune

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